martedì 16 novembre 2010

ZEN CINEMA Perché Bodhi-Dharma è partito per l'oriente? di Bae Yong-Kyun

Perché Bodhi-Dharma è partito per l'oriente?

di Bae Yong-Kyun


Titolo originale: Dalmaga dongjjok-euro gan kkadakeun?

Titoli alternativi:
Why Has Bodhi-Dharma Left for The East?
Perché Bodhi-Dharma è partito per l'oriente?
Pourquoi Bodhi-Dharma est-il parti vers l'orient?
Warum Bodhi-Dharma nach Osten aufbrach?


Vincitore del "Pardo d'oro" (primo premio) al Festival di Locarno.
In concorso al Festival di Cannes nella sezione "Un certain regard”.
Nel 1992 una giuria internazionale di critici l'ha scelto per la rivista "Sight and Sound" per entrare nel novero dei dieci migliori film di tutti i tempi.



Nazionalità COREA DEL SUD
Anno 1989
Durata 137'
Un film di Bae Yong-Kyun (regia, sceneggiatura, produzione, fotografia, montaggio)
Musiche di Chin Kyu-Yong
Effetti di Yang Dai-ho Trama


Cast artistico:
L'anziano monaco eremita Hyegok - Yi Panyong
Il monaco tormentato Kibong - Sin Wonsop
Il piccolo Haejin - Huang Haejin
L'abate - Ko Sumyong
La madre cieca di Kibong - Yun Byeonghui
Il monaco tornato a vivere nel mondo - Kim Hae-yong


Trama: In un eremo del monte Chonan vivono l'anziano monaco Hyegok, il piccolo orfano Haejin e il tormentato giovane monaco Kibong. Dalle loro esperienze, dai loro ricordi, dalle loro parole, dai loro gesti una riflessione sulla colpa, sul dolore, sulla morte e sulla vera libertà.



Il monaco Hyegok al suo discepolo: "Quando sarò morto ti prenderai cura dei miei resti. Kibong, dovrai portarli nel loro luogo d'origine."



Il regista interrogato sulla sua opera: "Questo film non parla di Dio ma delle persone che soffrono, prigioniere dei legami creati da nascita e morte. È un film dunque che ci riguarda tutti."



Due koan in tema:
" Perché Bodhi-Dharma è partito per l’oriente? Ossia, perché si è preso la briga di portarci il suo buddhismo, se un valore assoluto, per sua stessa ammissione, non c’è?
Una famosa risposta fu: - Chiedilo a quel palo, laggiù.
Il monaco che aveva posto la domanda replicò perplesso: - Maestro, non capisco...
- Io meno di te, concluse il maestro. "

" Nell’antica Cina si svolse un celebre dialogo tra il primo patriarca dello Chan (Zen cinese) Bodhi-Dharma e l’imperatore che era già di fede buddhista:
Imperatore: - Ho fatto costruire monasteri, ordinare monaci, tradurre testi; quali meriti ho accumulato?
- Nessun merito.
- Ma allora su cosa si fonda la sacra dottrina?
- Un vuoto immenso, ed in esso nulla di sacro.
- Ma chi sei tu per parlarmi così?
- Non lo so. "



Un passaggio del film:
" Lasciò il palazzo reale e, solo, si inoltrò nella foresta. La sua partenza ebbe luogo più di 2500 anni fa. Si puo' dire che partendo abbandonasse il mondo? No, per lui lasciare casa fu semplicemente un percorso di eterno ritorno. Non se ne andò mai, bensì venne a stare con tutti noi. Non sai che il motivo per cui partì fu il voler tornare completamente a stare con tutti noi? Mi sono fatto eremita per liberarmi di tutta la polvere e il sozzume del mondo, cercando la perfezione sull'opposta sponda. Ma ho capito che era impossibile raggiungerla senza amare persino l'immondizia, la polvere del mondo e l'angoscia della vita. La perfezione si puo' raggiungere attraverso l'accettazione di tutte le cose. Se da un lato è semplice combattere la realtà e il destino, dall'altro amarli è molto difficile. Che mondo di bellezza è questo quando impari come amarlo! L'universo in nessun modo è imperfetto. "



Da un'intervista al regista per "Milestone Film & Video Release":
Le vicende hanno luogo nei pressi di un eremo dove vive un anziano maestro zen, ma il soggetto fondamentale di quest'opera non è assolutamente lo zen in se stesso, per quanto l'ambiente zen nel film abbia un ruolo profondamente significativo. Se ho scelto quest'ambientazione è soprattutto perché l'ho trovata di grande bellezza e fascino, oltre che adattissima a esprimere la mia personale ricerca del senso dell'esistenza. Lo zen non è la teologia di una rivelazione soprannaturale e chiunque cercasse non troverebbe in esso qualcosa che somigli ad un dogma religioso. Eppure sono persuaso che lo zen possieda una consapevolezza del problema universale dell'umanità che concerne la ricerca della reale natura del sé e l'illuminazione dell'anima. Gli insegnamenti del Buddhismo zen hanno permesso all'Asia orientale di sviluppare la sua specifica cultura e la sua estetica, ma lo zen in seguito ha influenzato profondamente anche molti pensatori occidentali. Se ne trovano evidenti tracce nella filosofia di Martin Heidegger e di altri esistenzialisti, così come nel pensiero di Carl Gustav Jung, nell'arte surrealista e nell'arte contemporanea in ogni sua manifestazione. Trovo inoltre molto interessante l'affermazione di Erich Fromm la quale sostiene che la via dello zen è in armonia con gli obiettivi della moderna psicoanalisi occidentale, ovvero l'autorealizzazione. Sono convinto che lo zen permetta la scoperta della vera natura delle cose e le fondamenta dell'anima (potremmo dire gli archetipi del sé) attraverso i mezzi della pura intuizione, in contrapposizione con i metodi estremamente razionali degli psicoanalisti. Questa scoperta diviene possibile nel momento in cui arriviamo a svuotarci completamente da tutti i concetti che affollano la nostra coscienza. In tal modo lo zen appare a volte illogico e irrazionale, sembra sfuggire totalemente alle nostre capacità di comprensione, ma ciò non significa assolutamente che si tratti di puro misticismo. Sebbene spesso ci appaia avere caratteri mistici, è indubitabilmente alla fonte delle profondità dell'ispirazione artistica. [...] Desidererei che gli spettatori vedessero il film senza l'onere di conoscenze pregresse e idee preconcette.



L'autore e la sua opera:
Bae Yong-Kyun è nato nel 1951 a Tae-Gu, in Corea. Da bambino aveva due grandi passioni: la pittura e il cinema. Durante la giovinezza si recava costantemente al cinema, rivedendo lo stesso film talvolta anche 50 volte e, all'età di 14 anni, decise che un giorno avrebbe lui stesso realizzato un film. In particolare amava la cinematografia dei registi William Wyer, David Lean e Robert Bresson. Durante gli anni delle superiori studiò il Buddhismo e le filosofie orientali; per un periodo durato più di un anno lasciò la famiglia e visse in assoluta solitudine da eremita tra le montagne. Dopo il diploma Bae si iscrisse alla Facoltà di Belle Arti dove studiò pittura e storia dell'arte. Nelle sue opere pittoriche era molto influenzato dagli impressionisti e dai surrealisti francesi e dimostrava un talento non comune anche per la fotografia e la poesia. Dopo aver completato il dottorato nel medesimo ateneo iniziò ad insegnare pittura come docente di cattedra. Durante gli anni dell'università conobbe la moglie, l'artista Min Kyoung-Myoung, la quale ha collaborato ininterrottamente alla realizzazione di "Why Has Bodhi-Dharma Left For The East?", in particolare nelle fasi di progettazione e poi di montaggio. Nel 1976 Bae lavorò come assistente alla regia di Yoo Hyun-Mok nel film "The Flame", maturando l'idea che per realizzare un suo film avrebbe dovuto cercare un proprio personalissimo percorso; per prepararsi allora si dedicò allo studio sistematico di molti testi di tecnica cinematografica. La sceneggiatura di "Why Has Bodhi-Dharma Left For The East?" fu iniziata nel 1981 e poco dopo Bae iniziò a preparare le riprese cercando le locations e raccogliendo l'attrezzatura necessaria. La sceneggiatura fu scritta in forma di racconto ed una volta ultimata era quasi dieci volte più lunga della sceneggiatura di un qualsiasi film coreano medio. In un intervista Bae dichiarò: "Ogni immagine fu descritta nel dettaglio, il minimo movimento di un coltello, l'atmosfera. Tutto fu messo su carta." Il film fu pensato e realizzato consapevolmente agli antipodi rispetto al canone espresso dal cinema occidentale dominante, specialmente americano, al quale l'industria cinematografica coreana stessa mediamente si rifaceva: anche a questo si deve la scelta di un percorso di produzione assolutamente inusuale. Furono scelti attori non professionisti, a detta di Bae più aperti a seguire le idee del regista e il suo perfezionismo esasperato: spesso in una giornata si giravano solo 2 o 3 inquadrature; le riprese durarono circa 3 anni e alcune scene furono girate più di 50 volte. Il montaggio durò un altro anno e mezzo e fu una vera impresa, dato che Bae aveva deciso di montare il film a vista, senza servirsi di una centralina di montaggio. Il titolo del film è un koan, un enigma / parabola che non puo' avere una risposta definitiva e che sostanzialmente serve a costrigere la mente a rifiutare il pensiero dualista, a sospendere l'attività di concetto per focalizzarsi sulla realtà che si rivela in se stessa oltre ogni possibilità data a parole, idee e classificazioni, così da giungere ad un livello di consapevolezza superiore. Tradizionalmente il maestro zen (ma non in tutte le scuole) addestra l'allievo appunto attraverso l'uso dei koan. Secondo lo zen, la nostra mente tende a incasellare la fluida realtà in rigidi concetti, filtra il reale attraverso una griglia interpretativa. I koan sono un mezzo abile per farci vedere la realtà così come è, al di la della griglia interpretativa che costantemente vi sovrapponiamo. Il koan del titolo si riferisce al patriarca Bodhi-Dharma: la tradizione agiografica prevalente sostiene che fosse il ventottesimo erede e depositario del dharma (l'ordine dell'universo) in un ligniaggio di maestri che risale al Buddha storico Siddhārtha Gautama. La tradizione sostiene che Bodhi-Dharma sia giunto in Cina dall'India nel 526 d.c. portando con sé la saggezza del buddhismo chan (noto poi in Corea come seon e in Giappone come zen appunto), una dottrina dell'illuminazione basata esclusivamente sulla meditazione. Ciò che rende lo zen diverso dalle altre principali sette buddhiste è, semplificando, la convinzione che il il nirvana si raggiunga attraverso l'introspezione e l'intuizione, ossia trascendendo il pensiero cosciente.



Al discepolo che gli chiese della verità senza dire una parola lui mostrò un fiore.



Da "The World of Zen that Cannot Be Described Through Words" dell'abate Adachi del tempio buddhista Daihonzan Engakuji (si trova nei pressi della stazione di Kita-Kamakura, non lontano dunque da Tokyo):
Un'antica canzone dice: - Il Buddhismo non è diverso dai rami di un salice piangente: se cerchi di descriverli a parole, fallirai. Se cerchi di separarli, non c'è modo. - Per tentare di risolvere e realizzare la verità di questa filosofia buddhista usiamo lo spirito zen. Il mondo dello zen non si puo' esprimere attraverso le parole, così è stato sviluppato un metodo che va oltre alle parole [...] e raggiunge il cuore dello zen; è chiamato shiketsu, "lode poetica al Buddha". L'autore di "Why Has Bodhi-Dharma Left For The East?" ha utilizzato per primo la tecnica dinamica del cinema per rappresentare lo zen in una chiave espressiva e poetica. [...] Presentare il mondo dello zen attraverso la vita quotidiana dei tre monaci è appropriato e richiama alla mente le famose parole dello scultore Isamu Naguchi: - Lo zen è uno strumento del vivere -. Questo film, che si conclude con la morte dell'anziano monaco eremita, cattura completamente l'essenza dello zen (ovvero la vita eterna e la vera libertà) e così riesce a soddisfare meravigliosamente gli intenti dell'autore. [...] Raccomanderei io stesso a tutti i fedeli buddhisti del Giappone di vederlo, a prescindere dalla setta a cui sentono di appartenere. [...] È evidente che questo film è nato direttamente dal cuore del regista e possiede un'energia travolgente, generata attraverso gli otto anni da lui spesi per crearlo innanzi tutto nella sua mente. Possiamo affermare con sicurezza che il desiderio di Bae Yong-Kyun di edificare un tempio attraverso quest'opera è stato pienamente realizzato.






3 commenti:

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  2. Hyegok, il Maestro Zen: Non c'è né un inizio, né una fine. Esistono però sostanze invariabili. Tutto si trasforma. Ciò che non è nato, non può morire...

    Haejin: Perché noi tutti ci siamo ritirati dal mondo? Kibong: Perché nel mondo non c'è pace e il cuore non è libero.

    Haejin: Perché?

    Hyegok: Perché il cuore dell'uomo non è abbastanza grande per poter contenere tutte le cose di questo mondo. Gli uomini possiedono un cuore sufficientemente grande, ma è riempito dalla loro rappresentazione di se stessi.

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  3. Un passo che può essere illuminate per interpretare la scena del bue, tratto da "Storia del Buddhismo Ch'an" di Leonardo Vittorio Arena (Oscar Mondadori Saggi n°275, 1992):
    "Non possiamo concludere queste brevi note sull'arte dell'epoca Sung, influenzata dal Ch'an, senza far riferi­mento a una sorta di opera "didattica", cioè ai "dieci qua­dri dell'uomo e del bue. L'opera è stata prodotta in varie versioni, e allude alle varie fasi del processo di illuminazio­ne. Le illustrazioni sono corredate dai testi. Nella prima fase, l'uomo va in cerca del bue (metafora dell'essenza ul­tima della realtà); nella seconda, ne scopre le orme; nella terza, vede il bue; nella quarta, Io cattura; nella quinta, lo doma; nella sesta, lo porta a casa, salendogli in groppa; nella settima, il bue è stato dimenticato (cioè trasceso), ed esiste soltanto l'uomo; nell'ottava, sono stati dimenticati (cioè trascesi) sia l'uomo sia il bue; nella nona, si ritorna all'origine (pen); nella decima, si entra nel mondo (in altre versioni, nella "polvere"). Il senso didattico dell'opera è chiaro: l'adepto del Ch'an non deve cercare la verità al di fuori di sé; egli è già illuminato, qualsiasi cosa faccia. È l'ennesimo rinvio alla vita quotidiana, suggerito nello spirito del Ch'an: nell'ultimo quadro l'uomo va al mercato e gode del vino della bettola: ora è veramente completo!"

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