giovedì 23 gennaio 2014

La pace delle cose selvatiche di Wendell Berry (1934 - )

Quando la disperazione per le cose del mondo mi cresce dentro
E mi sveglio nella notte al più piccolo suono
Con la paura di ciò che potrà essere della mia vita e di quella dei miei figli,
Mi vado a sdraiare dove l'Anatra Sposa
Si ferma sull'acqua in tutta la sua bellezza, e lo splendido airone si nutre.
E mi appresso alla pace delle cose selvatiche
Che non tormentano le loro esistenze pensando al dolore che dovrà venire.
Mi reco al cospetto dell'acqua immobile
E sento sopra di me le stelle nascoste dalla luce del giorno
Che attendono per poter brillare.
In quel tempo trovo pace nella grazia del mondo, e sono libero.


Mia traduzione, dall'originale di Wendell Berry. Quella che ho trovato in italiano era pessima e soprattutto non fedele.

Il quadro è "The Home of the Heron," di George Inness, olio su tela, The Art Institute of Chicago, Edward B. Butler Collection, 1893.

lunedì 13 gennaio 2014

IL CONGEDO (Der Abschied), da "Il Canto della Terra" (Das Lied von der Erde) di Gustav Mahler

Discende il sole dietro la montagna.
Cala la sera sopra ogni vallata
Con le sue ombre piene di frescura.
Guarda! Come una barca argentea scivola
La luna nell'azzurro lago del cielo.
Avverto il soffio di un lieve vento
Nell'oscurità dei pini!

Canta il ruscello nel buio, pieno di armonia!
Impallidisce, al crepuscolo, il colore dei fiori.
Respira la terra piena di pace e di sonno,
Ogni desiderio cerca ora il suo sogno.
Gli uomini, stanchi, ritornano a casa,
per ritrovare, nel sonno, giovinezza
e felicità perdute!
Gli uccelli posano silenziosi sui rami.
Il mondo si addormenta!

Un soffio fresco spira fra i miei pini.
Io resto qui e aspetto il mio amico;
Lo aspetto per l'ultimo saluto.
Come vorrei, amico, godere al tuo fianco
Della bellezza di questa sera!
Dove indugi? Mi lasci a lungo in solitudine!
Erro qua e là con il mio liuto
Su sentieri colmi di tenera erba.
O bellezza! O mondo ebbro di amore eterno, di eterna vita!


Con l'animo affranto dal dolore della morte della sua giovane figlia e dalle cattive notizie sulla sua salute, Gustav Mahler decise di trovar rifugio nella quiete della montagne e precisamente a Dobbiaco, Toblach, in Val Pusteria. Si stabilì in Casa Trenker, trascorrendo parte del suo tempo in una semplice hütte di legno immersa nei boschi. Qui, nella pace silente delle Dolomiti, Mahler compose uno dei suoi più straordinari capolavori: il Canto della Terra, Das Lied von der Erde. I testi sono tratti da una antologia di liriche cinesi della dinastia T'ang (VII-X secolo), incentrati sui temi del dolore, della vita, della morte e della solitudine. Fra gli autori scelti da Mahler spicca Li-Tai-Po, uno dei maggiori poeti di quel periodo. L'ultimo Lied è Der Abschied, frutto della fusione di due componimenti di Mong-Kao-Yen e Wang-Wei.

NOTA DI CIGNO: trovo citato questo testo e penso, che belle liriche ha scelto Mahler! Mi documento e capisco subito perché mi avevano colpito, sono tratte da componimenti di poesia cinese dell'era T'ang (di cui sono un estimatore da tempo) e di un poeta che amo in particolare (Wang-Wei), influenzato nei temi e nella visione del mondo dal buddhismo della scuola Ch'an. Tutto torna. 

lunedì 30 dicembre 2013

Nell'eremo delle illusioni di Sengai Gibon

Nell'eremo delle illusioni
i fiori dell'alba
sbocciano, appassiscono,
appassiscono e sbocciano.
Tutto questo è solo un sogno;
luce del mattino sui fiori
nel tempio delle illusioni.

Sengai Gibon (1750-1837)

sabato 28 dicembre 2013

Rassegnazione per principianti di Mascha Kaleko

Rassegnazione per principianti 

Tu non cercare nulla. Non c'è niente da trovare,
Niente da capire. Accontentati.
Quando verrà il loro tempo fioriranno i tigli
Sopra la tomba scavata di fresco.

Quando verrà il suo tempo si dissiperà il buio,
Scintillerà la luce rinata.
Niente è concluso, tutto continua.
E tu sarai allegro. O forse no.

Tra sparire e ricominciare
L'impossibile accade.
Come e perché non è stato svelato.
Suona nuova al principiante l'antichissima melodia.

Per cercare il senso profondo, non sprofondare.
Tu non cercare. Così lo troverai.

MASCHA KALEKO (1907 - 1975)

sabato 3 agosto 2013

"Guarda come, sulla distesa del fiume" di Fëdor Ivanovič Tjutčev

Guarda come, sulla distesa del fiume,
lungo il corso delle acque, viventi di nuovo
verso il mare che tutto raccoglie
vagano i blocchi di ghiaccio.

Scintillano iridati al sole,
o di notte, nella tarda oscurità,
si sciolgono tutti fatalmente,
e vanno verso un'identica meta.

E insieme, piccoli e più grandi,
perduta la loro forza primitiva,
tutti, indifferenziati, come forza elementare
si congiungono con l'abisso fatale...

O illusione del nostro pensiero,
tu, umano "Io", non è forse
questo il tuo significato,
non è tale il tuo destino?


Il riflesso del monte Fuji

Allusivamente il monte Fuji viene usato come simbolo dallo zen per indicare il superamento del pensiero dualista, infatti il suo nome può essere letto allo stesso modo di "Fu-ni/ji" ovvero "non due", non uguali, letteralmente “senza pari” . In questa stampa giapponese ukiyo-e ci sono due monti Fuji, ma uno è illusorio, è solo un riflesso. Allo stesso modo il superamento del pensiero dualista nasce dall'intuizione dell'illusorietà (o parzialità/convenzionalità) di ogni distinzione operata dalla mente sulla base delle percezioni sensibili e del linguaggio. Questa stampa invita silenziosamente a conquistare un punto di vista nuovo, una percezione diversa da quella consueta che abbraccia la sostanziale impossibilità di distinguere soggetto e oggetto.


"Yamana-Ka Lake", Yoshida Hiroshi (1876-1950) - 1929.


martedì 9 luglio 2013

La zattera del Dharma

"Monaci, io vi insegnerò il Dharma, come paragonato ad una zattera, al solo scopo di usarlo per attraversare, non allo scopo di dovervici attaccare. Ascoltate e prestate la massima attenzione. Ora ve ne parlerò".
"Come vuoi tu, oh Signore", risposero i monaci al Beato.
Il Beato allora disse: "Supponiamo che un uomo stia percorrendo un sentiero. Egli arriva in un punto in cui vede una grande distesa di acqua, con la sponda vicina malsicura e rischiosa, e l’altra sponda sicura ed esente da rischi, ma non c’è né un battello, né un ponte, che da questa parte porti all’altra parte. A lui verrebbe da pensare, 'Qui c’è una grande distesa d’acqua, con la vicina riva malsicura e rischiosa, e l’altra riva sicura ed esente da rischi, ma non c’è né un battello, né un ponte, che porti da questa sponda all’altra. E se io raccogliessi un po' di sterpi, ramoscelli, rami e foglie e, dopo averli legati insieme, ne facessi una zattera, così da passare in sicurezza sull’altra sponda, facendo muovere la zattera con uno sforzo delle mie mani e dei miei piedi?' Allora l'uomo, dopo aver raccolto sterpi, ramoscelli, rami, foglie e, dopo averli legati insieme, ne fece una zattera per attraversare in sicurezza e andare all’altra sponda, facendo forza con le sue mani ed i suoi piedi. Dopo aver attraversato ed essendo giunto oltre sull’altra sponda, egli potrebbe pensare, 'Come è stata utile per me questa zattera! È stato grazie a questa zattera che, facendo uno sforzo con le mie mani ed i miei piedi, io ho potuto attraversare in sicurezza l’acqua per raggiungere all’altra riva. Perché allora, dopo averla issata sulla mia testa o sulla mia schiena, non me la porto dove mi pare?'
Cosa ne pensate, monaci: nel fare ciò, farebbe bene l'uomo a fare ciò che ritiene di fare con la zattera?"
"No, Signore."
"E che cosa dovrebbe fare l'uomo, per fare ciò che giustamente si dovrebbe fare con la zattera? Vi è il caso in cui l'uomo, dopo aver attraversato, potrebbe pensare, 'Come è stata utile questa zattera per me! Perché è grazie a questa zattera che, facendo forza con le mie mani ed i miei piedi, ho potuto attraversare in tutta sicurezza per andare all’altra riva. Perché allora io, dopo averla attraccata sulla riva o legata ad un palo nell’acqua, non me ne vado tranquillo dove mi pare?' Questo, o monaci, sarebbe il giusto modo di fare ciò che dovrebbe essere fatto con la zattera. Allo stesso modo, o monaci, io ho insegnato il Dharma, paragonato ad una zattera, al fine di poter attraversare, non allo scopo di farvici attaccare. Comprendendo il Dharma come l'ho insegnato, paragonato ad una zattera, voi dovreste lasciar andare perfino tutti i Dharma, per non parlare dei non-Dharma". 

Dal 22esimo discorso del Buddha tratto dal Majjhima Nikaya (Raccolta dei discorsi di media lunghezza) del Canone Pali, Alagaddupama Sutta, (Il Serpente d’Acqua) - presumibilmente IV° sec a.c.