mercoledì 21 novembre 2012

Poesia haiku VII


Fiori di ciliegio nella sera

Anche l'oggi

Appartiene al passato



Issa Kobayashi (1763 - 1827)


Poesia haiku VI


Un viaggiatore,

questo sia il mio nome...

Questa pioggia d'autunno.



Matsuo Basho (1644 – 1694) 



Poesia haiku V


Tomba piegata,
al vento d'autunno
i miei singhiozzi.


Matsuo Basho (1644 – 1694) 



Il sentiero delle sefore


Sul sentiero in disparte 
             al riparo delle sofore
nel segreto dell’ombra
             rigoglia il verde muschio.
Rispondono alla porta:
            appare, solo, e mi saluta, il servo.
Credeva già venuto
            il monaco del monte.

A sud della porta, 
            lungo le sofore,
è il sentiero sul ciglio,
           che mena al lago I.
Quando giunge l’autunno,
           piove molto sul monte;
le foglie che cadono
           nessuno le raccoglie.


AUTORI: Wang Wei e P'ei Ti - VIII° secolo, Era della Dinastia T'ang.
(Poesie del fiume Wang, traduzione di Martin Benedikter, Einaudi 1956)

Il risveglio è qui e ora

"Pregare per un futuro felice non vuol dire pregare per un mondo dopo la morte, ma essere liberati dall'angoscia in questo luogo e in quest'istante." Suzuki Shosan, samurai e monaco zen (1579 – 1655).

Il pescatore


Nelle acque immote come un lucido specchio,
nelle profondità della Wei guizzano temoli e carpe.
Me ne vago indolente, con la mia canna fedele,
e aggancio l'amo sulla riva del fiume.
Una brezza gentile sfiora il bambù
facendo fluttuare i miei tre metri di filo.
Se il corpo ristà nell'attesa del pesce che abbocchi,
il cuore va errando nella terra del Nulla.
Un tempo un uomo dalla barba canuta
pescava anch'egli a questa riva di fiume;
non di pesci pescatore ma d'anime,
a settant'anni prese Wenwang, re di Zhou (*).
Ma io, io quando calo il mio amo nell'acqua,
non ho in mente né pesce né uomo.
Non son buono a catturare una preda,
solo, mi godo i riflessi d'autunno sulle acque.
Quando son stufo, anche la pesca finisce,
e torno a casa dove attende la mia coppa del vino.


(*) Riferimento al leggendario saggio Tai Gong che sedette sulla riva del fiume a pescare fino a settant'anni, quando passò da quelle parti il re di Zhou, Wenwang, che ne fece il proprio consigliere.

AUTORE: Bo Juyi (白居易) 772 – 846 d.c. , poeta della dinastia T'ang


Se incontrate il Buddha, uccidetelo


Nell'insegnamento 19 del Linji Lu  il maestro Linji *1 dice ai suoi discepoli:
"Amici miei, se desiderate avere una corretta visione profonda della verità, non permettete agli altri di ingannarvi [...]. Se incontrate il Buddha, uccidetelo. Se incontrate un maestro o un arhat *2, uccidetelo. Se incontrate i vostri genitori, uccideteli. Solo allora potrete essere liberati. Non permettete alle cose di vincolarvi e sarete liberi e a vostro agio. [...] Tutti sono prigionieri di trappole lasciate dagli antichi maestri. Io stesso non ho un unico Dharma *3 da offrirvi. Tutto ciò che posso fare è aiutarvi a curare la vostra malattia e a sciogliere i nodi che vi legano."
[...]
Quello scandaloso invito di un buddhista a uccidere proprio la figura a cui più dovrebbero andare l'incenso e la preghiera del devoto in realtà è la traduzione più fedele dell'insegnamento dello stesso Buddha storico, che non si stancava di ricordare come l'esperienza della conoscenza possa scaturire solo dall'intimo di ciascuno, attraverso un percorso non prestabilito e non omologo a quello di nessun altro. Il divino è già in noi, riposto nel più intimo recesso della nostra mente, e potremmo vederlo qui e ora, se solo sapessimo liberarci della nebbia che ci ottunde lo sguardo. Non serve una guida, neppure autorevole e carismatica come può essere il Buddha, un maestro, un santo, a dirci in cosa dobbiamo credere e che cosa dobbiamo fare per conseguire la salvazione. Per il semplice motivo che non c'è una verità precostituita che sia comodamente scodellabile come da un bravo cuoco davanti all'affamato... Già la resa a questa consapevolezza, che rappresenta poi una resa a se stessi e al proprio valore intrinseco, può costituire un passo importante verso la luce. Anticipando con una sorprendente finezza di sguardo la moderna psicoanalisi, un maestro — qual è Linji — mette in guardia i propri discepoli dal mito del maestro, ovvero dall'illusione che sia possibile affidarsi senza riserve a un vademecum già scritto per trovare e percorrere la propria via. Insegna a riconoscere che qualunque oggetto di venerazione, si chiami Buddha, Dio o in altro modo, non è in realtà che un modello di perfezione creato dalla mente e opportunamente vestito e agghindato in modo da poter essere collocato su un altare. Uccidere l'idolo, dunque, significa smettere ogni sforzo di conformazione a schemi imposti dall'esterno, per imparare a conoscere e ad accettare il bene (e il male) che ci portiamo dentro. In un passo delloXiemo llun, Bodhidharma *4 pone premesse chiare al gesto iconoclasta: "Fin quando cerchi un buddha altrove, non ti accorgerai mai che la tua mente è il buddha. Non usare un buddha per venerare un buddha. E non usare la mente per venerare un buddha. I buddha non recitano sutra *5. I buddha non osservano i precetti. E i buddha non infrangono i precetti. I buddha non osservano né infrangono alcunché. I buddha non fanno il bene o il male. Per trovare un buddha devi vedere la tua natura. Chiunque vede la sua natura è un buddha. Se non vedi la tua natura, invocare i buddha, recitare i sutra, fare offerte e osservare i precetti sono tutte cose inutili".

NOTE:
*1 Linji Yixuan: monaco fondatore della scuola Linji del buddhismo di scuola Ch'an, IX° secolo, era T'ang cinese
*2 arhat: "degno di venerazione", coloro che hanno raggiunto il pieno risveglio spirituale
*3 dharma: qui si può intendere come "insegnamento", "visione del mondo"
*4 Bodhidharma: mitico fondatore indiano della scuola buddhista Ch'an
*5 sutra: testi sacri