venerdì 21 gennaio 2011

Il vento d'autunno disperde le foglie morte

Un giovane amava una splendida fanciulla. Per ben due anni le scrisse ogni giorno, ma non ottenne mai risposta. Decise allora di farsi monaco e si ritirò in un eremo sperduto tra i monti.
   Un giorno, alcuni anni dopo, vide giungere la fanciulla nel suo ritiro. Inginocchiandosi dinnanzi a lui, la giovane disse: "Ho errato. Finalmento ho compreso il tuo amore, ed eccomi, sono tua".
Il monaco rispose: "È troppo tardi. Ormai sono un monaco e ho soffocato il mio amore per te. Lasciami!".
   Alcuni giorni dopo il monaco discese a valle a elemosinare del cibo nel villaggio. Gli abitanti non parlavano d'altro che della bellissima fanciulla dal nobile volto e dalle ricche vesti trovata morta nel fiume. L'avevano sepolta in un luogo appartato a cui era stato dato nome "Tomba dell'amore", pensando che si fosse uccisa per un amore infelice.
   Il monaco comprese, si recò sulla tomba e là cantò questi versi:

Quando venisti a bussare al mio eremo
le foglie morte autunnali
giacevano rosse al suolo.
Dopo la tua partenza, il vento dell'autunno
le ha tutte disperse.
Non c'è nulla che permanga
e il mio povero eremo vale più di un palazzo.
Perché i nostri destini non si sono incontrati?
Un tempo soffrivo
mentre tu vivevi nella pace.
Oggi io sono entrato nella via della serenità
e tu soffri.
Tutti questi anni sono trascorsi come un sogno.
Alla nostra morte
nessuno ci segue nel sepolcro.
Nulla resta delle nostre illusioni:
a nulla servì soffrire, o piangere,
ora che sei morta.
Dunque ascolta insieme a me, semplicemente,
il vento che mormora tra i rami di pino.
Illuminazione per l'eternità.


Da "La tazza e il bastone - Storie zen narrate dal maestro Taisen Deshimaru"

"Scorre incessante il fiume e la sua acqua non è mai la stessa. Nelle sacche, le bolle là si formano qui si dissolvono, non una di esse rimane per molto: così è per l'uomo e la sua abitazione.
Sembrano possono sfidare imperiture i secoli le dimore di grandi e meno grandi che a fianco l'una dell'altra fanno gara di maestosità e splendore nella capitale fulgente e invece, a ben guardare, sono rare quelle rimaste tali sin dai tempi antichi. Alcune, bruciate l'anno scorso, le han ricostruite in questo, altri erano grandi magioni ma, cadute in rovina, son diventate piccole case. Così è per i loro abitanti: il luogo è il medesimo, la gente che ci vive è sempre numerosa, e tuttavia saran rimasti sì e no uno o due, d'una trentina che erano, quelli che vi conoscevamo. Per un uomo che muore al mattino, uno ne nasce alla sera: così è di norma il nostro vivere e in questo sembra davvero semplice schiuma sull'acqua. Nel suo nascere e morire donde venga l'uomo, dove vada io non so. Nè so, in questa effimera dimora ch'è il mondo, per chi ci si assilli, per quali ragioni si pensi al solo diletto degli occhi: non competono che in transitorietà simili padroni e le loro case e per condizione non sono diversi da un convolvolo cosparso di rugiada. Può darsi infatti che la rugiada scivoli via e rimanga il fiore, ma esso rimarrà soltanto per appassire al sole del mattino o forse sarà il fiore ad avvizzire prima del dissolversi della rugiada, ma, anche così, questa non vedrà sera."


                                         Ricordi di un eremo (Hōjōki) - Kamo no Chōmei