giovedì 6 dicembre 2012

Quando accettare un insegnamento


"Questo io ti ho detto, o Kalama, ma tu puoi accettarlo, non perché è un racconto, non perché è una tradizione, non perché così è stato detto nel passato, non perché così è detto nelle nostre scritture, non per motivo di discussione, non a causa di un metodo particolare, non perché sia preso in grande considerazione, non perché appare essere conveniente, non perché il tuo maestro è un asceta, MA SE VOI STESSI VI RENDETE CONTO CHE È MERITORIO E NON RIPROVEVOLE E QUANDO È ACCOLTO PORTERÀ VANTAGGIO E FELICITÀ, ALLORA SÌ VOI POTETE ACCETTARLO". -- dall' Anguttara-Nikaya, parte del "secondo canestro" del canone Pali buddhista.

mercoledì 21 novembre 2012

Poesia haiku VII


Fiori di ciliegio nella sera

Anche l'oggi

Appartiene al passato



Issa Kobayashi (1763 - 1827)


Poesia haiku VI


Un viaggiatore,

questo sia il mio nome...

Questa pioggia d'autunno.



Matsuo Basho (1644 – 1694) 



Poesia haiku V


Tomba piegata,
al vento d'autunno
i miei singhiozzi.


Matsuo Basho (1644 – 1694) 



Il sentiero delle sefore


Sul sentiero in disparte 
             al riparo delle sofore
nel segreto dell’ombra
             rigoglia il verde muschio.
Rispondono alla porta:
            appare, solo, e mi saluta, il servo.
Credeva già venuto
            il monaco del monte.

A sud della porta, 
            lungo le sofore,
è il sentiero sul ciglio,
           che mena al lago I.
Quando giunge l’autunno,
           piove molto sul monte;
le foglie che cadono
           nessuno le raccoglie.


AUTORI: Wang Wei e P'ei Ti - VIII° secolo, Era della Dinastia T'ang.
(Poesie del fiume Wang, traduzione di Martin Benedikter, Einaudi 1956)

Il risveglio è qui e ora

"Pregare per un futuro felice non vuol dire pregare per un mondo dopo la morte, ma essere liberati dall'angoscia in questo luogo e in quest'istante." Suzuki Shosan, samurai e monaco zen (1579 – 1655).

Il pescatore


Nelle acque immote come un lucido specchio,
nelle profondità della Wei guizzano temoli e carpe.
Me ne vago indolente, con la mia canna fedele,
e aggancio l'amo sulla riva del fiume.
Una brezza gentile sfiora il bambù
facendo fluttuare i miei tre metri di filo.
Se il corpo ristà nell'attesa del pesce che abbocchi,
il cuore va errando nella terra del Nulla.
Un tempo un uomo dalla barba canuta
pescava anch'egli a questa riva di fiume;
non di pesci pescatore ma d'anime,
a settant'anni prese Wenwang, re di Zhou (*).
Ma io, io quando calo il mio amo nell'acqua,
non ho in mente né pesce né uomo.
Non son buono a catturare una preda,
solo, mi godo i riflessi d'autunno sulle acque.
Quando son stufo, anche la pesca finisce,
e torno a casa dove attende la mia coppa del vino.


(*) Riferimento al leggendario saggio Tai Gong che sedette sulla riva del fiume a pescare fino a settant'anni, quando passò da quelle parti il re di Zhou, Wenwang, che ne fece il proprio consigliere.

AUTORE: Bo Juyi (白居易) 772 – 846 d.c. , poeta della dinastia T'ang


Se incontrate il Buddha, uccidetelo


Nell'insegnamento 19 del Linji Lu  il maestro Linji *1 dice ai suoi discepoli:
"Amici miei, se desiderate avere una corretta visione profonda della verità, non permettete agli altri di ingannarvi [...]. Se incontrate il Buddha, uccidetelo. Se incontrate un maestro o un arhat *2, uccidetelo. Se incontrate i vostri genitori, uccideteli. Solo allora potrete essere liberati. Non permettete alle cose di vincolarvi e sarete liberi e a vostro agio. [...] Tutti sono prigionieri di trappole lasciate dagli antichi maestri. Io stesso non ho un unico Dharma *3 da offrirvi. Tutto ciò che posso fare è aiutarvi a curare la vostra malattia e a sciogliere i nodi che vi legano."
[...]
Quello scandaloso invito di un buddhista a uccidere proprio la figura a cui più dovrebbero andare l'incenso e la preghiera del devoto in realtà è la traduzione più fedele dell'insegnamento dello stesso Buddha storico, che non si stancava di ricordare come l'esperienza della conoscenza possa scaturire solo dall'intimo di ciascuno, attraverso un percorso non prestabilito e non omologo a quello di nessun altro. Il divino è già in noi, riposto nel più intimo recesso della nostra mente, e potremmo vederlo qui e ora, se solo sapessimo liberarci della nebbia che ci ottunde lo sguardo. Non serve una guida, neppure autorevole e carismatica come può essere il Buddha, un maestro, un santo, a dirci in cosa dobbiamo credere e che cosa dobbiamo fare per conseguire la salvazione. Per il semplice motivo che non c'è una verità precostituita che sia comodamente scodellabile come da un bravo cuoco davanti all'affamato... Già la resa a questa consapevolezza, che rappresenta poi una resa a se stessi e al proprio valore intrinseco, può costituire un passo importante verso la luce. Anticipando con una sorprendente finezza di sguardo la moderna psicoanalisi, un maestro — qual è Linji — mette in guardia i propri discepoli dal mito del maestro, ovvero dall'illusione che sia possibile affidarsi senza riserve a un vademecum già scritto per trovare e percorrere la propria via. Insegna a riconoscere che qualunque oggetto di venerazione, si chiami Buddha, Dio o in altro modo, non è in realtà che un modello di perfezione creato dalla mente e opportunamente vestito e agghindato in modo da poter essere collocato su un altare. Uccidere l'idolo, dunque, significa smettere ogni sforzo di conformazione a schemi imposti dall'esterno, per imparare a conoscere e ad accettare il bene (e il male) che ci portiamo dentro. In un passo delloXiemo llun, Bodhidharma *4 pone premesse chiare al gesto iconoclasta: "Fin quando cerchi un buddha altrove, non ti accorgerai mai che la tua mente è il buddha. Non usare un buddha per venerare un buddha. E non usare la mente per venerare un buddha. I buddha non recitano sutra *5. I buddha non osservano i precetti. E i buddha non infrangono i precetti. I buddha non osservano né infrangono alcunché. I buddha non fanno il bene o il male. Per trovare un buddha devi vedere la tua natura. Chiunque vede la sua natura è un buddha. Se non vedi la tua natura, invocare i buddha, recitare i sutra, fare offerte e osservare i precetti sono tutte cose inutili".

NOTE:
*1 Linji Yixuan: monaco fondatore della scuola Linji del buddhismo di scuola Ch'an, IX° secolo, era T'ang cinese
*2 arhat: "degno di venerazione", coloro che hanno raggiunto il pieno risveglio spirituale
*3 dharma: qui si può intendere come "insegnamento", "visione del mondo"
*4 Bodhidharma: mitico fondatore indiano della scuola buddhista Ch'an
*5 sutra: testi sacri

mercoledì 24 ottobre 2012

Poesia haiku IV




Questo mondo è rugiada

Davvero è rugiada

Eppure, eppure.



Kobayashi Issa (1763-1827)



La forma è vuoto, il vuoto è forma


Poesia haiku III



Fiori di ciliegio nella sera

Anche l'oggi

Appartiene al passato



Issa Kobayashi (1763 - 1827)



Impermanenza, fragilità effimera e bellezza di ogni istante



Poesia haiku II





Un viaggiatore,

questo sia il mio nome...

Questa pioggia d'autunno.



Matsuo Basho (1644 – 1694) 





Identità nell'impermanenza, ricerca, scorrere senza desiderio di conseguimento


Bellezza preziosa di ogni istante




Non si ripete due volte questo giorno: scheggia di tempo, grande gemma.

Mai più tornerà questo giorno, ogni momento vale una gemma inestimabile.



Takuan Sōhō (1573 – 1645) , monaco zen rinzai




Poesia haiku I





Qui nessuno pensa a ricchezza o fama,

tutti parlano del giusto, e l'errore è respinto:

in autunno raccolgo le foglie sulle sponde del fiume,

in primavera ascolto l'usignolo.



Ryōkan Taigu (1758–1831) - monaco soto zen




- Vivere qui e ora, oltre la mente dualista, oltre l'illusione dell'ego, oltre l'azione finalizzata -





venerdì 28 settembre 2012

Buona giornata anche a te!



"Ciò che minaccia la nostra serenità sono i nostri demoni, i nostri fantasmi e le suggestioni che ci catturano. Che tu possa domarli tutti ed emanciparti fino ad essere illuminata da ogni cosa."

domenica 12 agosto 2012


"Lasciai che le mie orecchie sentissero tutto ciò che volevano sentire, lasciai che i miei occhi guardassero tutto ciò che volevano guardare, lasciai che i miei piedi andassero ovunque volessero andare, lasciai che la mia mente pensasse a qualsiasi cosa volesse pensare, e fu una sensazione molto particolare perchè tutte le mie esperienze corporee sembrarono mescolarsi, diventare trasparenti e non avere peso. Non sapevo più se ero io che camminavo sul vento o se era il vento che camminava su di me." Lieh-Tzu - Trattato del Vuoto Perfetto

sabato 21 luglio 2012

L'essenza e l'immagine

... Nella maggior parte dei casi, l'immagine che ognuno ha di sé non è altro che una somma dei ruoli rivestiti e l'Io viene descritto in termini fattuali più che essenziali. Pensiamo alle prime parole scambiate con una persona appena conosciuta. Prescindendo dal motivo che ci spinge a parlarle, la conversazione inizierà quasi inevitabilmente con la domanda: “Che cosa fai nella vita?'; per poi proseguire con un elenco delle cose fatte e dei progetti per l'avvenire: ciò che facciamo e la nostra storia ci descrivono molto meglio di ciò che siamo. Fin da piccoli ci insegnano a identificarci con questo Io convenzionale (il quale viene descritto innanzi tutto dai parenti prossimi, che ci influenzano in maniera spesso indelebile con le loro proiezioni) sezionando durante tutto il corso della nostra vita alcuni eventi come significativi. Saranno proprio tali eventi a costituire la nostra storia, storia sulla quale poggiano le fondamenta di questo illusorio rifugio chiamato 'ego'. ... -  Amanda Morelli



Illuminazione silenziosa


Mo chao ming - del maestro Hung Chih Cheng Chueh (1091-1157)

In silenzio e serenamente, tutte le parole sono dimenticate;
Chiara e vivida, ti compare dinnanzi.
Quando la realizzi, il tempo non ha limiti.
Quando la sperimenti, ciò che ti circonda prende vita.
Particolarmente illuminante è questa vivida consapevolezza,
Piena di meraviglia è la pura illuminazione.
Il sorgere della luna, un fiume di stelle,
Pini ammantati di neve, nubi sospese sui picchi montani.
Nell'oscurità, rilucono di splendore.
Nell'ombra, brillano di una luce meravigliosa.
Come il sogno di una gru che vola nello spazio vuoto,
Come l'acqua limpida e tranquilla di un laghetto autunnale,
Eoni senza fine si dissolvono nel nulla,
Ognuno non distinto dall'altro.
In questa illuminazione ogni sforzo è dimenticato.
Dov'è questa meraviglia?
Luminosità e chiarezza disperdono la confusione
Sul sentiero dell'illuminazion silenziosa,
L'origine dell'infinitesimale.
Per penetrare l'estremamente piccolo,
C'è la spoletta dorata su un telaio di giada.
Soggetto e oggetto si influenzano l'un l'altro.
Luce e buio sono interdipendenti.
Non vi sono né mente né mondo su cui confidare,
Tuttavia i due interagiscono.
Bevi il farmaco della visione corretta,
Batti il tamburo cosparso di veleno.
Quando silenzio e illuminazione sono completi
Uccidere e dare la vita sono mie scelte.
Alla fine si emerge dalla porta.
Il frutto è maturato sul ramo.
Solamente questo Silenzio è l'insegnamento fondamentale.
Solamente questa Illuminazione è la risposta universale.
La risposta è priva di sforzo.
L'insegnamento non lo si ode con le orecchie.
Da un capo all'altro dell'universo, tutte le cose
Sono luminose ed espongono il Dharma.
Si rendono testimonianza l'un l'altra,
Rispondendo alle reciproche domande:
Mutualmente rispondendosi e testimoniando,
Comunicando in perfetta armonia.
Quando l'illuminazione è priva di serenità
Allora sorgono distinzioni:
Mutualmente testimoniando e rispondendosi,
Danno luogo a disarmonia.
Se nella serenità l'illuminazione è perduta,
Ogni cosa sarà vana e secondaria.
Quando l'illuminazione silenziosa è completa,
Fiorirà il loto, il sognatore si desterà.
I cento fiumi scorrono verso l'oceano,
I mille monti fronteggiano il picco più elevato.
Come l'oca che preferisce il latte all'acqua,
Come l'ape operosa che raccoglie il polline,
Quando l'illuminazione silenziosa realizza il principio,
Io tramando la tradizione originale della mia scuola.
Questa pratica è chiamata illuminazione silenziosa.
Penetra ogni cosa, dalla più profonda alla più elevata.

venerdì 24 febbraio 2012

Vedere un mondo in un granello di sabbia,
E un paradiso in un fiore selvatico
Tenere l’infinito nel cavo della mano
E l'eternità in un'ora.


"Gli auguri dell’innocenza" di William Blake


sabato 7 gennaio 2012

Alla pioggia non si arrende 

di Miyazawa Kenji (1896 - 1933)

Alla pioggia non si arrende,
al vento non si arrende,
alla neve e al caldo estivo non si arrende,
ha un fisico robusto.
Mai adirato,
non ha smanie,
sempre sereno e sorridente.
Ogni giorno mangia settanta grammi di riso integrale,
il miso e un po' di verdura.
In tutti i casi
non bada a se stesso,
osservando, ascoltando, capendo
e non dimenticando.
Vive in una piccola capanna di paglia
all'ombra di un bosco di pini.
Se ad est c'è un bambino ammalato
va ad assisterlo,
se ad ovest c'è una madre stanca
va per portarle le fascine di riso,
se a sud c'è un moribondo
va per dirgli  "non avere paura",
se a nord c'è un litigio
va a dire "non siate meschini".
Quando è periodo di siccità, piange,
quando viene un'estate fredda, cammina preoccupato.
Da tutti viene detto un sempliciotto,
non è mai lodato,
però non è nemmeno causa di sofferenza.
Io voglio diventare
una persona così.