lunedì 30 dicembre 2013

Nell'eremo delle illusioni di Sengai Gibon

Nell'eremo delle illusioni
i fiori dell'alba
sbocciano, appassiscono,
appassiscono e sbocciano.
Tutto questo è solo un sogno;
luce del mattino sui fiori
nel tempio delle illusioni.

Sengai Gibon (1750-1837)

sabato 28 dicembre 2013

Rassegnazione per principianti di Mascha Kaleko

Rassegnazione per principianti 

Tu non cercare nulla. Non c'è niente da trovare,
Niente da capire. Accontentati.
Quando verrà il loro tempo fioriranno i tigli
Sopra la tomba scavata di fresco.

Quando verrà il suo tempo si dissiperà il buio,
Scintillerà la luce rinata.
Niente è concluso, tutto continua.
E tu sarai allegro. O forse no.

Tra sparire e ricominciare
L'impossibile accade.
Come e perché non è stato svelato.
Suona nuova al principiante l'antichissima melodia.

Per cercare il senso profondo, non sprofondare.
Tu non cercare. Così lo troverai.

MASCHA KALEKO (1907 - 1975)

sabato 3 agosto 2013

"Guarda come, sulla distesa del fiume" di Fëdor Ivanovič Tjutčev

Guarda come, sulla distesa del fiume,
lungo il corso delle acque, viventi di nuovo
verso il mare che tutto raccoglie
vagano i blocchi di ghiaccio.

Scintillano iridati al sole,
o di notte, nella tarda oscurità,
si sciolgono tutti fatalmente,
e vanno verso un'identica meta.

E insieme, piccoli e più grandi,
perduta la loro forza primitiva,
tutti, indifferenziati, come forza elementare
si congiungono con l'abisso fatale...

O illusione del nostro pensiero,
tu, umano "Io", non è forse
questo il tuo significato,
non è tale il tuo destino?


Il riflesso del monte Fuji

Allusivamente il monte Fuji viene usato come simbolo dallo zen per indicare il superamento del pensiero dualista, infatti il suo nome può essere letto allo stesso modo di "Fu-ni/ji" ovvero "non due", non uguali, letteralmente “senza pari” . In questa stampa giapponese ukiyo-e ci sono due monti Fuji, ma uno è illusorio, è solo un riflesso. Allo stesso modo il superamento del pensiero dualista nasce dall'intuizione dell'illusorietà (o parzialità/convenzionalità) di ogni distinzione operata dalla mente sulla base delle percezioni sensibili e del linguaggio. Questa stampa invita silenziosamente a conquistare un punto di vista nuovo, una percezione diversa da quella consueta che abbraccia la sostanziale impossibilità di distinguere soggetto e oggetto.


"Yamana-Ka Lake", Yoshida Hiroshi (1876-1950) - 1929.


martedì 9 luglio 2013

La zattera del Dharma

"Monaci, io vi insegnerò il Dharma, come paragonato ad una zattera, al solo scopo di usarlo per attraversare, non allo scopo di dovervici attaccare. Ascoltate e prestate la massima attenzione. Ora ve ne parlerò".
"Come vuoi tu, oh Signore", risposero i monaci al Beato.
Il Beato allora disse: "Supponiamo che un uomo stia percorrendo un sentiero. Egli arriva in un punto in cui vede una grande distesa di acqua, con la sponda vicina malsicura e rischiosa, e l’altra sponda sicura ed esente da rischi, ma non c’è né un battello, né un ponte, che da questa parte porti all’altra parte. A lui verrebbe da pensare, 'Qui c’è una grande distesa d’acqua, con la vicina riva malsicura e rischiosa, e l’altra riva sicura ed esente da rischi, ma non c’è né un battello, né un ponte, che porti da questa sponda all’altra. E se io raccogliessi un po' di sterpi, ramoscelli, rami e foglie e, dopo averli legati insieme, ne facessi una zattera, così da passare in sicurezza sull’altra sponda, facendo muovere la zattera con uno sforzo delle mie mani e dei miei piedi?' Allora l'uomo, dopo aver raccolto sterpi, ramoscelli, rami, foglie e, dopo averli legati insieme, ne fece una zattera per attraversare in sicurezza e andare all’altra sponda, facendo forza con le sue mani ed i suoi piedi. Dopo aver attraversato ed essendo giunto oltre sull’altra sponda, egli potrebbe pensare, 'Come è stata utile per me questa zattera! È stato grazie a questa zattera che, facendo uno sforzo con le mie mani ed i miei piedi, io ho potuto attraversare in sicurezza l’acqua per raggiungere all’altra riva. Perché allora, dopo averla issata sulla mia testa o sulla mia schiena, non me la porto dove mi pare?'
Cosa ne pensate, monaci: nel fare ciò, farebbe bene l'uomo a fare ciò che ritiene di fare con la zattera?"
"No, Signore."
"E che cosa dovrebbe fare l'uomo, per fare ciò che giustamente si dovrebbe fare con la zattera? Vi è il caso in cui l'uomo, dopo aver attraversato, potrebbe pensare, 'Come è stata utile questa zattera per me! Perché è grazie a questa zattera che, facendo forza con le mie mani ed i miei piedi, ho potuto attraversare in tutta sicurezza per andare all’altra riva. Perché allora io, dopo averla attraccata sulla riva o legata ad un palo nell’acqua, non me ne vado tranquillo dove mi pare?' Questo, o monaci, sarebbe il giusto modo di fare ciò che dovrebbe essere fatto con la zattera. Allo stesso modo, o monaci, io ho insegnato il Dharma, paragonato ad una zattera, al fine di poter attraversare, non allo scopo di farvici attaccare. Comprendendo il Dharma come l'ho insegnato, paragonato ad una zattera, voi dovreste lasciar andare perfino tutti i Dharma, per non parlare dei non-Dharma". 

Dal 22esimo discorso del Buddha tratto dal Majjhima Nikaya (Raccolta dei discorsi di media lunghezza) del Canone Pali, Alagaddupama Sutta, (Il Serpente d’Acqua) - presumibilmente IV° sec a.c.


Al di là delle parole

" La rete esiste per prendere i pesci; una volta presi i pesci, la rete viene dimenticata. La corda esiste per catturare le lepri; una volta prese le lepri, la corda viene dimenticata. Le parole esistono per esprimere le idee, le parole vengono dimenticate. Come troverò un uomo che dimentichi, cui rivolgere le mie parole? "

Zhuangzi alias Chuang-tzu, filosofo e mistico taoista - IV-III sec. a.c.


sabato 26 gennaio 2013

La rete di Indra

L’Avatamasaka Sutra narra la parabola della rete di Indra. Indra, la divinità delle forze naturali che protegge e nutre la vita, intuì che l’intero cosmo era contenuto in ogni singolo granello di polvere. Così appese una rete intorno all’universo che si estendeva in tutte le direzioni. La rete non aveva né inizio né fine. Ad ogni nodo della rete Indra appese un gioiello diverso. Ogni gioiello rappresenta un essere vivente. Ogni gioiello riflette la luce di tutti gli altri gioielli, che a loro volta brillano della luce riflessa da ogni altro.Nessun gioiello può emanare una luce senza che questa non venga riflessa da tutti gli altri, anche il gioiello appeso al nodo più lontano. Così ogni gioiello riceve la stessa luce che per primo emana e subisce la luce emanata da un qualsiasi altro gioiello. Nella rete di Indra tutti i gioielli brillano all’unisono e contemporaneamente ognuno è diverso.


giovedì 24 gennaio 2013

Non sto piangendo


No, non sto piangendo.
Mi tengo il volto tra le mani,
Per scaldare la mia solitudine.
Mani che proteggono,
Mani che nutrono,
Mani che impediscono alla mia anima
Di vivere nella rabbia.


Thich Nhat Hanh


mercoledì 2 gennaio 2013

Estinzione della volontà come liberazione



Il concetto del nulla è essenzialmente relativo [...] un nulla assoluto [...] non si può nemmeno immaginare. Quando si volesse [...] insistere nel pretendere in qualche modo una cognizione positiva di ciò, che la filosofia può esprimere solo negativamente, come negazione della volontà, non potremmo far altro che richiamarci allo stato di cui fecero esperienza tutti coloro, i quali pervennero alla completa negazione della volontà. [...] Ma tale stato [...] è accessibile solo all'esperienza diretta, né può essere comunicato ad altri.Noi, che restiamo fermi sul terreno della filosofia, dobbiamo qui contentarci della conoscenza negativa, paghi d'aver raggiunto il limite estremo della positiva. [...] Ma rivolgiamo lo sguardo [...] verso coloro che superarono il mondo; coloro, in cui la volontà, giunta alla piena conoscenza di sé, sé medesima ritrovò in tutte le cose e quindi liberamente si rinnegò; coloro, che attendono di vedere svanire ancor solamente l'ultima traccia della volontà. [...] Allora, in luogo dell'incessante, agitato impulso; in luogo del perenne passar dal desiderioal timore e dalla gioia al dolore; in luogo della speranza mai appagata e mai spenta [...] ci appare quella pace che sta più in alto di tutta la ragione, quell'assoluta quiete dell'animo pari alla calma del mare;  quel profondo riposo, incrollabile fiducia e letizia [...] La conoscenza sola è rimasta, la volontà è svanita [...] quel che rimane dopo la soppressione completa della volontà è invero, per tutti coloro che della volontà son ancora pieni, il nulla. Ma viceversa per gli altri in cui la volontà si è rivolta da se stessa e rinnegata, questo nostro universo tanto reale, con tutti i suoi soli e le sue vie lattee, è il nulla.

Da "Il mondo come volontà e rappresentazione" di Arthur Schopenhauer, 1819.