secondo Tenzin Gyatzo, XIV Dalai Lama
Vorrei spiegare il significato della compassione, che è spesso mal
compreso. La vera compassione non si basa sulle nostre proiezioni e
aspettative, ma, piuttosto, sui diritti dell’altro: indipendentemente
dal fatto che l’altra persona sia un amico intimo o un nemico, nella
misura in cui detta persona vuole pace e felicità e vuole evitare la
sofferenza, su questa base possiamo sviluppare una genuina
preoccupazione per i suoi problemi.
Questa è la vera compassione.
Di solito, quando siamo interessati alla sorte di un amico intimo,
chiamiamo quest’interesse “compassione”; ma non è compassione, è
attaccamento.
Anche nel matrimonio, in quei matrimonï che durano poco, ciò avviene a causa dell’attaccamento.
I
matrimoni durano poco a causa della mancanza di compassione; c’è solo
attaccamento emotivo, basato sulle proiezioni e sulle aspettative.
Se
l’unico legame fra amici intimi è l’attaccamento, allora anche
un’inezia può indurre un mutamento delle proiezioni. Non appena le
proiezioni cambiano, l’attaccamento scompare, perché quell’attaccamento
era basato solo sulle proiezioni e sulle aspettative.
È
possibile avere compassione senza attaccamento e, similmente, provare
rabbia senza odio. Di conseguenza dobbiamo chiarire le distinzioni fra
compassione e attaccamento e fra rabbia e odio.
Tale chiarezza ci
è utile nella vita quotidiana e nell’impegno per la pace nel mondo.
Ritengo che questi siano i valori spirituali di base per la felicità di
tutti gli esseri umani, che siano credenti o meno.
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